Il sistema dell’accoglienza diffusa
A Pietragalla, in provincia di Potenza, il SAI (servizio accoglienza e integrazione) si occupa dell’ospitalità dei migranti del sistema Sprar (sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati).
E’ un paese a venti chilometri da Potenza che conta circa 4.000 abitanti. I richiedenti asilo gestiti dal SAI del paese sono una ventina. “Tutti ospitati in case private secondo la modalità dell’accoglienza diffusa” – dice Tonia, una delle operatrice.
In un pomeriggio di maggio si sta tenendo un incontro formativo rivolto agli operatori. Ci sono volontari e assistenti sociali. “La maggior parte degli ospiti sono di nazionalità nigeriana, poi ci sono anche famiglie di curdi e tunisini” – ci spiegano.
Quella dell’accoglienza diffusa è una pratica descritta molto bene, ed in maniera quasi “scientifica”, da Antonio Silvio Calò, professore del Veneto che ha ospitato, in casa sua, sei ragazzi immigrati, accompagnandoli verso un percorso di integrazione.
Calò ha infatti ideato il sistema del “6+6×6”, ossia un modello matematico da applicare per ogni paese di 6.000 abitanti, per rendere più efficiente, a livello pubblico il sistema dell’accoglienza. Ogni paese, cioè, può ospitare fino a 6 immigrati, seguiti da altrettanti operatori.
Un sistema, quello di Calò, che è stato studiato (ed in alcuni casi applicato) dalle istituzioni europee ed italiane.
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