Lo smaltimento illecito del decommissioning al centro ENEA di Rotondella
Emessi ieri, 26 settembre, sedici provvedimenti di chiusura delle indagini preliminari ed altrettanti avvisi di garanzia per traffico illecito di rifiuti tutti relativi alla gestione del centro ENEA di Rotondella (Mt) da parte della Sogin.
Il centro ENEA (la centrale nucleare dell’impianto ITREC è in fase di smantellamento da anni) di Rotondella è stata al centro dell’attenzione nazionale nel 2003 quando il Governo di allora (II Governo Berlusconi) decise, salvo poi ritirare il decreto in seguito alle imponenti manifestazioni di piazza ed alle proteste di tutti i livelli del popolo (e delle Istituzioni locali) lucano durate due settimane, di individuare proprio una zona a ridosso della centrale nucleare (all’epoca pienamente attivo l’impianto ITREC) il sito per il deposito unico delle scorie radioattive.
L’impianto ITREC (ovvero ciò che resta della centrale nucleare) è in decommissioning (ossia in fase di smantellamento) dal 2011 in seguito al referendum che ha completamente bandito la produzione di energia nucleare in Italia. Responsabile dello smantellamento degli impianti la SOGIN spa, società pubblica, interamente controllata del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Ebbene sono alcuni dirigenti della società Sogin, altri del centro di ricerca ENEA di Rotondella e alcuni funzionari pubblici di enti locali, i destinatari degli avvisi di garanzia con cui si contestano i reati di attività organizzata finalizzata al traffico illecito di rifiuti; disastro ambientale; inquinamento ambientale; falso ed altro.
Sarebbero, insomma, stando alle accuse della DDA di Potenza, state sversate in mare, senza le legittime autorizzazioni (ovvero omettendo di presentare una relazione del 2014 della stessa Sogin in cui si accertava la presenza di inquinanti), acque di falda, non trattate, contenenti sostanze considerate inquinanti (quali Cromo Esavalente e Tricloroetilene).
In più non sarebbero stati messi in atto, fin dal 2015, tutti quei comportamenti necessari per far si che gli inquinanti non si propagassero nel terreno, e quindi nelle falde e nel mare.
Smaltimento illecito di rifiuti e disastro ambientale sarebbero, dunque, i reati più gravi contestati.
Si tratta di fatti commessi (richiesta di autorizzazioni, ecc.) nel 2017, quando il sindaco emise un’ordinanza (tutt’oggi in vigore) che vietava l’utilizzo della risorsa idrica a qualsiasi scopo a causa delle contaminazioni in atto.