Giuseppe Lupo e la sua “Storia d’amore e macchine da scrivere”
Con quest’ultimo romanzo, lo scrittore si è cimentato con l’affresco di un personaggio che è il “vecchio cibernetico”, ingegnere ungherese in fuga dalla Budapest del dopo rivoluzione del 1956, inseparabile dalla sua lettera 22 e che finirà ad entrare nell’entourage di Olivetti ad Ivrea.
Lupo è autore di saggi e romanzi. Originario di Atella (Pz) è docente di letteratura alla Cattolica di Milano. Ha pubblicato quest’ultimo suo romanzo per i tipi di Marsilio.
“Esponente di una letteratura industriale.” Così l’ex sindaco Raffaello De Ruggieri alla presentazione materana a cura, tra l’altro, della Fondazione Zétema, dello scorso 5 marzo. Paola Saracena, compaesana di Lupo ed animatrice culturale, ha introdotto l’incontro.
“La versione ufficiale per quanto riguarda la genesi del romanzo è quella del pretesto storico, quella invece della mia ispirazione è stata data da un viaggio fatto in quel di Budapest, dove in una piccola strada non c’era nessuno, solo un’atmosfera da Paese dell’Est degli anni ’50 (con le tipiche automobili della madre Russia), mi era parso di aver visto una bambina giocare alla settimana in quella stessa via.”
L’elemento “intimistico” è infatti nel rapporto tra il cibernetico e sua moglie Anna Leo. Quello che invece attraversa tutto il romanzo è nell’uso della macchina da scrivere più cool dell’epoca, la lettera 22 appunto, su cui non solo l’ingegnere scrive, ma filosofeggia anche.
Ciò che rende interessante il romanzo è la ricerca del cibernetico da parte di un giornalista per un’intervista scoop a quello che poi si rivela essere candidato al Nobel. I due si incontreranno in un istmo in Danimarca.
Non manca un finale giallo a sorpresa.